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Frammenti di una terapia di coppia: elogio della non solidità

Prendiamo un dialogo del genere, preso e possibile in un qualsiasi percorso di terapia di coppia:

Lui – Io vorrei che tu non ti arrabbiassi ogni volta che parliamo dei figli

Lei – E io vorrei che tu te ne occupassi di più, che ti interessassi di loro, io non ce la faccio più a dedicare tutta la mia vita dietro a loro, ho già rinunciato abbastanza alla mia vita …

Lui – Ma fino ad ora non ti sei mai lamentata e avevamo fatto le cose e deciso tutto insieme …

Lei – Dottore lei cosa ne pensa? Siamo sempre stati una famiglia solida ma ora mi sembra che tutto si stia sfaldando ….

Cambiare è cambiare. Riflettere sull’ultima affermazione mi sembra un buon punto di partenza. La solidità di una coppia, di una famiglia, di un individuo o di un gruppo, sembra porsi come elemento in sè rassicurante. Essere e sentirsi solidi, descriversi come solidi, porta con sè, anche e soprattutto linguisticamente, l’idea dell’immutabilità, della durezza, della costanza della forma e delle proporzioni. Non è un caso che pensatori contemporanei utilizzino pressochè ovunque il termine liquido per descrivere e raccontare cosa significa vivere al nostro tempo. Sembrano quasi descrivere per opposti la condizione del vivere contemporaneo. Gli spunti di riflessione possono essere molti, proprio a partire dalla dicotomia solido-liquido. Nei fatti, gran parte delle difficoltà nelle persone che incontro nel mio studio, le definirei come segue: patologie del cambiare o anche, patologia della solidità.

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